lunedì 5 febbraio 2007

Prodi e il Corriere


Chissà a quale centrosinistra pensava Paolo Mieli quando, dalle colonne del Corriere, pochi giorni prima del voto, ha auspicato la vittoria di Romano Prodi. Sicuramente non si aspettava che la vittoria risultasse poi così risicata e forse aveva nella sua testa altra gente, visto che ora i suoi colleghi editorialisti e fondisti del quotidiano di Via Solferino stanno cercando, quotidianamente quanto inutilmente, da giorni di richiamare la coalizione unionista alla realtà.
Il primo risveglio l'aveva avuto Giovanni Sartori, ottantaduenne libero docente in Storia della Filosofia Moderna e in Dottrina dello Stato, che aveva scritto il 20 aprile scorso, un articolo in prima pagina dal titolo "Il bipolarismo frainteso" per riaffermare che il nostro è ancora un sistema parlamentare. In risposta a Prodi, che sosteneva di poter governare per cinque anni perché la legge glielo consente, Sartori osservava: "Certo, la legge glielo permette: ma i numeri (i seggi di cui dispone) no".
A prescindere dalla valutazione dell'esito fatta in base ai vincitori e ai vinti (Prodi ha vinto ma Berlusconi non ha perso, ecc.) il punto, secondo Sartori, è che "questa elezione è la più 'indecisiva', la peggiore nei suoi esiti di quante ne possiamo ricordare". Se pensiamo agli esiti delle elezioni dal '94 in poi questa non è un'affermazione da poco. Nel '94 la sinistra ha perso, ma il primo governo Berlusconi è stato affossato dalla Lega. Nel '96 Prodi è riuscito a governare grazie ai voti dell'opposizione sulla politica estera, altrimenti Bertinotti lo avrebbe fatto cadere. Poi c'è stata l'elezione del 2001 che ha inaugurato e rafforzato lo scontro di civiltà, il solco tra i buoni e i cattivi, a colpi di leggi considerate ad personam invece che di leggi utili al Paese. Poteva essere la vittoria morale dei bipolaristi: l'Italia si divide in due blocchi contrapposti di nemici irriducibili e chi vince governa con i premi di maggioranza. Ma ecco che il già imperfetto mattarellum (che manteneva la quota di proporzionale per cui i partiti, invece di unirsi in due blocchi unici monolitici, si sono frazionati al loro interno fino all'inverosimile) è stato sostituito dal proporzionellum che ha parzialmente eliminato i premi di maggioranza e ha sancito il testa a testa. Da dove può venire la salvezza, secondo Sartori? Dal fatto che "il nostro è ancora un sistema parlamentare nel quale e per il quale le linee di divisione non possono essere rigide ma devono essere, occorrendo, flessibili". Occorrendo.
Una settimana dopo Paolo Franchi rilevava il silenzio di un Prodi in difficoltà, "in apnea" per il timore che alla presidenza del Senato venisse eletto Andreotti, candidato del centrodestra e che al suo governo venisse a mancare l'appoggio di una delle Camere. Lo immaginava immerso in trattative e mediazioni, altro che cantare vittoria.
Il 29 aprile in 32esima pagina, Piero Ostellino ne rivelava una, di queste trattative: Prodi stava consultando le correnti della magistratura prima di nominare il nuovo Guardiasigilli. Commento di Ostellino "A me pare che, nel disperato tentativo di formare un governo col bilancino del farmacista che accontenti non solo tutti i partiti della sua coalizione, ma anche i gruppi di interesse e di pressione esterni al Parlamento e regga alla prova con una maggioranza tanto risicata al Senato, egli si sita mettendo su una cattiva strada". Questa trattativa rischiava di gettare "un ombra" (e che ombra!) sull'operato di Prodi, portandolo "fuori dalle regole di una democrazia parlamentare qual è la nostra".
Fin qui sembra quasi che il Corriere dall'alto dei suoi esperti politologi, stia cercando di mantenere il proprio candidato alla Presidenza del consiglio, Prodi, sotto tutela, avvertendolo lì dove il suo caparbio attaccamento a una vittoria semi inutile rischia di portarlo del tutto fuori strada.
Ma Prodi sembra essere convinto che, mediando e trattando, si possa cambiare la realtà, rovesciandola a proprio favore. Si considera irresistibile: se lui insiste abbastanza la realtà prima o poi cederà e gli darà ragione.

Sempre il 29 aprile di nuovo Paolo Franchi in prima pagina su Palazzo Madama, il centrosinistra e Prodi con un articolo dal titolo "Un sentiero strettissimo" ribadisce che non si può esultare di fronte al modo con cui Franco Marini è stato eletto Presidente del Senato (non in modo compatto alla prima votazione ma con un iter accidentato) "Non è affatto escluso che in questo o in qualche altro analogo esercizio di Realpolitik verbale alla fine, effettivamente, il centro sinistra si produca, salutando la ritrovata unità. Ma sarebbe un errore grave. Anzi catastrofico. Perché la realtà, anche quando è dura, bisogna guardarla in faccia". E la realtà è che il centrosinistra è diviso e ha pochissime chance di governare e deve "cambiare subito strada" ma aggiunge, "sempre che sia in grado di farlo". Accipicchia, verrebbe da dire: hanno perso il senso della realtà, non sono in grado di cambiare rotta, finisce che vanno a sbattere.
E allora ecco Sergio Romano sulla prima pagina del Corriere del 30 aprile con un articolo dal titolo "Baldanza e realismo" che cerca di dare una direzione. Romano definisce "pessimo" lo spettacolo offerto dalla votazione del presidente del Senato e sembra seccato per il modo in cui il centrosinistra ha preteso di attribuirsi entrambi i Presidenti delle Camere. Anche per Romano, che non simpatizza particolarmente per il centrosinistra e viene dalla Diplomazia, "Non basta dire 'governeremo per cinque anni' perché l'auspicio si realizzi" e invece di gioire per la nomina di Franco Marini bisognerebbe interrogarsi sul significato degli intoppi creati dai franceschi tiratori: chi sono, che vogliono in cambio, per quanto intendono andare avanti così? Romano suggerisce al centrosinistra di essere realista: che Prodi distingua quali sono gli ambiti irrinunciabili per il suo governo (economia, fisco, lavoro, rapporti con l'Europa) e lasci che gli altri ambiti diventino elementi di trattativa con l'opposizione.
Del resto - avverte Romano - con un centrodestra incattivito, sarà difficile per il centrosinistra eleggere un suo Presidente della Repubblica e anche vincere il referendum confermativo per la riforma costituzionale varata dal governo Berlusconi anche perché, per Romano, questa non è del tutto da buttar via. Insomma conclude Romano "un accordo migliorerebbe il clima". Insomma o Mieli prima della sua sortita non si è consultato con i suoi collaboratori o il Corriere deve essersi già pentito di aver caldeggiato la vittoria di Prodi.
Intanto il Professore gongola, sorride estasiato, dice ai suoi "abbiamo segnato due goal". Cioè, il Corriere proprio non lo legge.

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