lunedì 5 febbraio 2007

Vodafone versus Telecom

Nel luglio 2006 abbiamo assistito a uno scontro frontale tra Vodafone Italia (che però è governata da Londra) e Telecom, operatori telefonici protagonisti di una battaglia che va oltre la sfida sul piano industriale del marketing edelle offerte commerciali e si sposta sulle carte bollate. Una battaglia in nome della concorrenza che ha il sapore dello scontro vero. Mai, in passato, aveva sfiorato picchi di asprezza come quelli raggiunti nel momento del deposito (nei giorni scorsi) dell'atto di citazione con il quale Vodafone Italia denuncia Telecom per "abuso di posizione dominante", per "illecito sfruttamento delle informazioni privilegiate contenute in qualità di gestore della telefonia fissa per 'schedare' i clienti (anche, e soprattutto, quelli delle aziende concorrenti) e proporre offerte mirate". Per l'impiego di "informazioni strategiche riguardanti le attività di telefonia fissa per competere nel mercato del mobile". Per “aver promesso sconti sui servizi di telefonia fissa, per sottrarre clienti a Vodafone nel mercato del mobile”. Dito puntato soprattutto alle offerte combinate fisso mobile e l'utilizzo “commerciale “ del 187. Secondo i legali di Vodafone i danni stimati ammonterebbero a 525 milioni di euro.
La richiesta di queste misure, ha sottolineato Vodafone nel comunicare la notizia della richeista di risarcimento, nasce dall’esigenza di porre fine all’anomala situazione – unica nel suo genere in Europa – posta in essere in seguito alla fusione tra Telecom e la divisione mobile TIM. La fusione, spiega ancora Vodafone, ha permesso a Telecom di disporre di informazioni privilegiate sulle abitudini di consumo dei 24 milioni di clienti di rete fissa ignote ai concorrenti di telefonia mobile e, di conseguenza, ha consentito all’ex monopolista – che ancora oggi controlla l’80 per cento del mercato fisso e il 95 per cento della banda larga – di offrire promozioni mirate dei servizi TIM, volte a sottrarre clienti alla concorrenza. La stessa Corte alla quale si è rivolta Vodafone, aveva già condannato Telecom in una causa contro Fastweb per pratiche abusive sull'utilizzo di informazioni per attività di recupero clienti. Su questo fronte, Telecom si è difesa presentando al Tar un ricorso contro l'Autorità per le garanzie nella comunicazione chiedendo di annullare la delibera in cui l'Autorità si è pronunciata a favore di Fastweb. Se il Tar convocasse tutti gli abbonati Fastweb a testimoniare, ne sentirebbe delle belle sul comportamento di Telecom, ma ne sentirebbe delle belle anche sul conto di Fastweb, la quale - per non soccombere alla concorrenza sleale di Telecom, che è un fatto - continua a promettere ai consumatori cose (come il collegamento con la fibra ottica) che non può mantenere (perché di fatto non lo mantiene, subordinandolo a condizioni che sono al di fuori del controllo degli utenti - tipo il collegamento di intere palazzine, perché un solo cliente in una palazzina non basta: ma questo il cliente lo scopre dopo aver firmato il contratto con Fastweb, e intanto paga come se il collegamento a fibra ottica l'avesse ottenuto); ma non solo: anche la velocità del collegamento ADSL di Fastweb è subordinato alla qualità della linea fissa di Telecom la quale consente una velocità di scaricamento a varie velocità, a seconda della qualità della linea (se è più vecchia, se è più nuova). Si passa dai 2 mega bit al secondo a 6 mega bit al secondo. Ora, è da verificare, naturalmente, ma l'impressione è che Telecom non intenda mettere tutti i suoi ex clienti in condizioni di scaricare alla massima velocità a meno che si accetti un compromesso, come quello offerto da una speciale tariffa Fastweb che consente alla Telecom di continuare a percepire il canone: in quel caso, l'up grading della linea fissa a 6 Mbit/s è assicurata (ma chi crede più?).
Se sei passato a Fastweb avendo una linea da 6 mega bit al secondo, anche se non hai la fibra ottica, paghi per un servizio ottimale; se invece, la tua linea è una vecchia linea e viaggi a 2 mega bit al secondo, lì resti. E in effetti, è un po' laborioso, per un semplice cliente/consumatore, mettersi a fare causa a Telecom per concorrenza sleale e a Fatweb per aver fatto promesse che non poteva fare. Ma tanti consumatori insieme possono fare la differenza.

Questo illustrato fin qui non è che uno dei tanti esempi italiani in cui alle privatizzazioni non sono seguite le dovute liberalizzazioni, e gli incauti stranieri (come Vodafone), che invece sono abituati alla libera e corretta concorrenza, una volta entrati nel nostro mercato, si trovano in difficoltà.
E questa lotta avrebbe maggiore senso se la "lobby delle lobby", la lobby dei consumatori, battesse un colpo e non solo applaudisse alla battaglia di Vodafone, ma si facesse parte attiva nella medesima. Non perché la Vodafone è la Vodafone, ma per affermare un principio.
Perché, nel capitalismo moderno, i veri "stakeholder" sono i consumatori, solo che essi devono assolutamente prendere coscienza dei loro diritti/poteri, come fecero gli operai a suo tempo. Cioè i vincitori della lotta per una vera libera concorrenza non sono solo le imprese, che raggiungono finalmente le pari opportunità di agire sui mercati, ma soprattutto i consumatori (nella loro duplice veste di produttori di beni e destinatari degli stessi, parallelamente al fatto che - sempre loro - sono i finanziatori dello Stato e i fruitori dei suoi servizi), che smetterebbero di pagare sistematicamente per il fallimento delle operazioni di privatizzazione senza liberalizzazione.

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